C'eravamo tanto amati

Regia: Ettore Scola
Soggetto e Sceneggiatura: Age & Scarpelli, Ettore Scola
Montaggio: Raimondo Crociani
Fotografia: Claudio Cirillo
Scenografia: Luciano Ricceri
Costumi: Luciano Ricceri
Musiche: Armando Trovajoli
Trucco: Goffredo Rocchetti, Giulio Natalucci
Interpreti e personaggi: Nino Manfredi (Antonio), Vittorio Gassman (Gianni Perego), Stefania Sandrelli (Luciana Zanon), Stefano Satta Flores (Nicola Palumbo), Giovanna Ralli (Elide Catenacci, moglie di Gianni), Aldo Fabrizi (Romolo Catenacci), Marcella Michelangeli (Gabriella, moglie di Nicola), Elena Fabrizi (moglie di Romolo Catenacci), Fiammetta Baralla (Maria, nuora di Romolo Catenacci), Luciano Bonanni (Torquato, un malato), Mike Bongiorno (se stesso), Dino Curcio (farmacista di Nocera Inferiore), Isa Barzizza (la proprietaria della pensione), Marcello Mastroianni (se stesso), Federico Fellini (se stesso), Vittorio De Sica (se stesso), Ugo Gregoretti (se stesso), Nello Meniconi (se stesso), Carla Mancini (Lena), Livia Cerini (Rosa, ragazza al ristorante), Armando Curcio (Palumbo padre), Enrico Beruschi (un automobilista al parcheggio), Lorenzo Piani (Enrico)
Produzione: Italia 1974
Durata: 120 min

Gianni, Nicola e Antonio hanno fatto la Resistenza, certi di combattere per un futuro migliore. Poi, finita la guerra, hanno preso strade diverse: Antonio è portantino al San Camillo di Roma; Gianni è entrato, grazie al matrimonio, nella famiglia di un palazzinaro; Nicola insegna a Nocera Inferiore finché rompe con la famiglia e con la scuola e tenta di inserirsi nella critica cinematografica a Roma. Luciana, innamorata di Antonio, passa attraverso parecchie esperienze - compreso un tentativo di suicidio - prima di tornare da lui e sposarlo. In occasione di un incontro imprevisto, i protagonisti rievocano i tempi andati e i casi delle loro vite, e prendono atto dei cambiamenti, taluni drammatici.

Due film hanno raccontato il dopoguerra coprendo un arco narrativo di decenni e tentando un bilancio della ricostruzione post-bellica. Sono due commedie: Una vita difficile (Dino Risi, 1961) e C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974). Partono dalla Resistenza, scegliendo come protagonisti dei partigiani, e arrivano al proprio presente: il boom degli incipienti anni Sessanta, le tensioni degli anni Settanta. Alla faccia di chi ha sempre considerato la commedia all’italiana un cinema escapista, d’evasione, sono film nei quali la politica è in primo piano. Di nuovo: alla faccia di chi ha sempre considerato la commedia all’italiana un cinema semplice e semplicistico, sono film dalla struttura narrativa complessa e fortemente metacinematografici. Entrambi riflettono sulla natura del mezzo espressivo: in modo ironico quello di Risi, scavando nelle pieghe del linguaggio quello di Scola. (...)
C’eravamo tanto amati è un film corale, più complesso. Gli ex partigiani sono tre: Antonio (Nino Manfredi), Nicola (Stefano Satta Flores) e Gianni (Vittorio Gassman). Il primo rimane un compagno duro e puro, uno di quei comunisti ortodossi che hanno costituito la spina dorsale del Pci dal ’45 alla Bolognina; il secondo è nato outsider e attaccabrighe, incarna la coscienza critica ma anche autodistruttiva di tutto ciò che si muove a sinistra del Pci; il terzo è il personaggio più problematico e in ultima analisi più interessante, un idealista che si vende al capitale, sposa la figlia di un palazzinaro fascista e annega i sogni di gioventù nella ricchezza.
Se c’è un difetto che si può rimproverare a C’eravamo tanto amati – film per molti versi magnifico, con una narrazione fluviale e personaggi ben scritti e benissimo interpretati – è il suo essere un teorema, in cui i tre personaggi simboleggiano tre anime della sinistra italiana e Luciana (Stefania Sandrelli), la donna di cui tutti e tre si innamorano in momenti e modi diversi, è l’Italia. Se però, nel teorema, Gianni è il Psi pronto a compromettersi con il potere nell’Italia del centro-sinistra, va dato atto a Scola e ai suoi sceneggiatori Age & Scarpelli di aver azzeccato una profezia. Anche se Gianni si arricchisce non «con» la politica, ma tradendo la politica: nel 1974 il Psi di Craxi e De Michelis non era ancora immaginabile. (...)

Sono tanti i tasselli storici, in C’eravamo tanto amati. Dall’iniziale montaggio di cinegiornali (la fine della guerra, il referendum, De Gasperi che prende i soldi da Truman e caccia Togliatti dal governo...) alle adunate nei bar per vedere Lascia o raddoppia? in televisione, fino a una delle scene più belle del film, la ricostruzione del set di La dolce vita a Fontana di Trevi dove Antonio e Luciana si ritrovano dopo molto tempo, e dove Federico Fellini e Marcello Mastroianni fanno i se stessi di quindici anni prima (in Una vita difficile, invece, ci sono apparizioni di Alessandro Blasetti, Vittorio Gassman e Silvana Mangano). Nella scena c’è un momento meraviglioso, quando un assistente va da Fellini e gli chiede di ricevere un ufficiale del Sifar, «ce po’ fa’ comodo per i permessi». Il tizio avanza, stringe la mano al regista e gli dice «sono onorato di conoscere il grande Rossellini». Fellini scoppia a ridere e la sua reazione è genuina, nessuno l’aveva avvisato che l’ufficiale avrebbe pronunciato quella battuta.

Lo scorrere della storia si fa cinema, racconto orale, musica: «Se tentassi di immaginare che cosa avremmo fatto di tutto il materiale scritto nel caso in cui non fosse stato inventato il cinematografo, non mi sentirei di rispondere: nulla. Ne avremmo fatto teatro, racconti, canzoni o favole da raccontare a veglia» (Furio Scarpelli in Faldini-Fofi 3, p. 203). Alla fine cosa rimane, oltre a un gigantesco «boh»? Lasciamolo dire a Scola: «C’è l’idea che in Italia la collettività sia migliore dei suoi governanti e di quelli che parlano a suo nome... non mi pare un film pessimista, se non nel senso gramsciano del ‘pessimismo della ragione’» (Faldini-Fofi 3, p. 204).

Storia D'italia In 15 Film di Alberto Crespi (Editori Laterza 2018)