Animazione
I Fratelli Dinamite
Regia, soggetto, disegni: Nino Pagot
Sceneggiatura: Attilio Giovannini, Nino Pagot
Direzione animazione: Ferdinando Palermo, Toni Pagot
Animazioni: Osvaldo Cavandoli, Luciano Paganini, Osvaldo Piccardo
Montaggio: Marco Visconti
Musica: Giuseppe Piazzi
Canzoni: Ferdinando Palermo
Nazione: Italia
Anno: 1949
Durata: 87’
I fratelli Dinamite, scampati ad un naufragio, vengono raccolti da alcuni cacciatori ed affidati alla zia Cloe, convinta di poterli reinserire nel mondo civilizzato. Abituati alla vita selvaggia, le tre piccole pesti si faranno beffe persino del Diavolo e porteranno lo scompiglio in un serioso teatro d’opera. Al carnevale di Venezia troveranno "gloria" ed un’inaspettata "redenzione".
I fratelli Dinamite di Nino Pagot e La Rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini vennero entrambi presentati alla Mostra di Venezia nel 1949. Volendo indicare quale dei due possa glorificarsi del titolo di primo lungometraggio d’animazione italiano, si può ricorrere alla data d’iscrizione al Pubblico registro cinematografico della SIAE. Pagot iscrisse la sua opera nel 1947 (numero 672), Domeneghini "solo" nel 1949 (numero 799). Si può assegnare il platonico titolo alle bizzarre avventure dei tre fratelli monelli. Oltretutto, questi due film sono i stati i primi ad essere realizzati in technicolor.
Pagot è sinonimo italico d’animazione. Nino Pagot, il capostipite. Toni Pagot, il fratello. Marco Pagot e Gi (Gina) Pagot, i figli. La Pagot Film venne fondata nel 1938 e, dopo i nobili tentativi di ritagliarsi uno spazio all’interno dell’industria cinematografica, si specializzò nella produzione televisiva. Nel 1972, anno della scomparsa di Nino, la Pagot Film venne rifondata sotto il nome di Rever. Tra i tanti lavori, vanno ricordati almeno il mitico Calimero, il prode Grisù e Il fiuto di Sherlock Holmes (geniale intuizione di Marco Pagot che riuscì a coinvolgere Hayao Miyazaki (segnatevi questo nome perché lo ritroveremo presto) in una produzione Rai. Erano i primi anni Ottanta, altri tempi…).
I fratelli Dinamite è un film anarchico. Anarchico nella struttura narrativa, nella genesi produttiva, nella non-coerenza stilistica e nella scellerata vitalità dei suoi protagonisti. Toni e Nino Pagot iniziarono nel 1942 la produzione del cortometraggio Tolomeo, che divenne, col tempo e per accumulo, il lungometraggio che oggi possiamo vedere. In sostanza, il prodotto finale è l’unione di vari episodi, collegati da un’esile cornice. La struttura narrativa è, evidentemente, figlia delle logiche produttive. O meglio, dei limiti produttivi che i Pagot riuscirono, nell’arco di sette anni, a superare. Il livello dell’animazione risente, ovviamente, di questo iter produttivo. I passaggi da un episodio all’altro sono bruschi e stranianti: la qualità dei fondali del secondo episodio (quello dell’Inferno), per esempio, è notevole, mentre le ambientazioni degli altri episodi sono spesso sbrigative. Stesso discorso per il character design dei personaggi (non particolarmente "coerente"), per la "fluidità" dei movimenti, per i colori e via discorrendo. L’unica costante dei quattro episodi (il naufragio sull’isola deserta, la discesa all’Inferno, il concerto a teatro ed il carnevale veneziano) è l’inarrestabile forza distruttrice dei tre irriverenti fratellini (per la cronaca, Din, Don e Dan…). Le gag migliori sono probabilmente nell’episodio del teatro, mentre il capitolo finale è un crescendo di divertente follia, all’insegna del divertimento e dell’allegria senza freni. I fratelli Dinamite è un film felicemente anarchico.
La Pagot Film non riuscì a conquistare il mercato cinematografico e scelse di specializzarsi, con lusinghieri risultati, nell’animazione televisiva. Sarebbe stato interessante scoprire le vere potenzialità di questa genealogia di animatori nell’ambito dei lungometraggi. Ci rimane quest’opera buffa, piena di energia e di inventiva, ma troppo limitata dagli ostacoli produttivi. Più soldi, più animatori e una base distributiva solida avrebbero permesso ai Pagot (ed agli illustri collaboratori Osvaldo Cavandoli e Osvaldo Piccardo) di sognare e realizzare progetti ambiziosi.
La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi)
Regia: Hayao Miyazaki
Montaggio: Takeshi Seyama
Musiche: Jo Hisaishi
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Scenografia: Youji Takeshige
Nazione: Giappone
Anno: 2001
Durata: 125’
La piccola Chihiro sta viaggiando con i genitori verso la sua nuova casa. Improvvisamente il padre e la madre vengono attratti da alcune strane rovine. Affascinati e affamati si fermano per dare un'occhiata e per cercare qualcosa da mangiare. Nel frattempo la bambina si guarda intorno: quando cala la notte le porte di un nuovo straordinario mondo si aprono per lei. Per ritornare al suo mondo e riabbracciare i genitori, Chihiro affronterà avventure incredibili, conoscerà personaggi straordinari e imparerà il senso dell'amicizia.
Pioniere del cinema d'animazione e da 20 anni sulla cresta dell'onda per la sua sempre geniale e innovativa vena artistica, Hayao Miyazaki torna sullo schermo nonostante un annunciato ritiro dalle scene. A farlo tornare sulle proprie decisioni, prese per questioni di salute, è stato l'inatteso successo nazionale e internazionale di "Principessa Mononoke", il primo film non americano della storia ad aver incassato oltre 20 milioni di dollari.
Con la "La città incantata" Miyazaki prosegue idealmente "I sogni di Totoro", riprendendo il racconto sull'infanzia. Qui però la piccola protagonista, contrariamente all'euforia infantile delle due eroine de "I Sogni", affascina soprattutto per la profondità dell'animo più che per il suo carattere. Chihiro è infatti una bambina testarda e capricciosa che la novità e la sorpresa impaurisce più che incuriosire. Cerca infatti di trattenere i genitori dal proseguire nell'esplorazione di quella città sconosciuta. Un istinto che gli eventi successivi riveleranno essere fondato. La piccola protagonista dovrà infatti salvare i due genitori curiosi trasformati da un incantesimo in maiali. Precipitata in un mondo di antiche divinità e creature malvagie, governate da una perfida strega, Chihiro riuscirà a salvare se stessa e la sua famiglia grazie al proprio coraggioso giudizio e pervicace volontà.
Una città magica dalla bellezza sfolgorante attraverso la quale il regista rappresenta il mondo moderno, altrettanto superficiale e colorato e pieno di lucenti inganni. Ancora una volta il grande maestro giapponese racconta la realtà vestendola dei sogni di una favola, non tralasciando però temi importanti come la passione, l'amicizia, l'amore e l'ardimento.
19 milioni di dollari per un film prodotto da Ghibli Studio, società di produzione fondata dallo stesso Miyazaki e il collaboratore di sempre Isao Takahata, e realizzato per la prima volta con il sussidio della tecnologia. I disegni, tutti eseguiti a mano, sono stati infatti successivamente masterizzati e colorati al computer, assicurando un risultato magistrale per una storia che, utilizzando i fantasmi e gli spiriti delle leggende giapponesi, sottolinea l'importanza del linguaggio attraverso il quale la protagonista esprime, ancor prima dell'azione, il proprio intento.
Una favola 'vera' in grado di suggerire ai più piccoli come far fronte alle vecchie e nuove paure, regalando agli adulti irripetibili momenti di poesia.
Nightmare Before Christmas
BASATO SULLA STORIA E I PERSONAGGI CREATI DA TIM BURTON
Regia: Henry Selick
Sceneggiatura: Caroline Thompson
Fotografia: Pete Kozachik
Montaggio: Stan Webb
Musica: Danny Elfman
Nazione: USA
Anno: 1993
Durata: 76’
Nel villaggio di Halloween mostri e mostriciattoli festeggiano l'ennesima notte di spaventi, ma il loro capo, Jack Skeletron, non è soddisfatto. Vagabonda tra le lapidi e gli alberi intisichiti seguito dal fedele cane-fantasma Zero e Sally, la bambola di stracci che lo ama in segreto ed è frutto di un esperimento del dottor Finklestein, lo scienziato folle del villaggio. La scoperta, del tronco di un albero, dell'ingresso al villaggio tutto colori, luci, gente allegra e bimbi festosi, nonché la vista di Babbo Natale, che lui scambia per una grossa aragosta, ribattezzandolo "Babbo Nachele", colpisce profondamente Jack, che decide di far rapire il carismatico personaggio per sostituirlo. Fa quindi fabbricare una quantità di giocattoli in stile Halloween alla sua gente, e ordina a Finklestein di fargli tre scheletriche renne che su una slitta funebre lo trasportino in volo sul villaggio di Natale. Sally, che ogni tanto tenta di sfuggire allo scienziato mettendogli sonnifero nel minestrone, segue in apprensione i preparativi di Jack, certo che non ne verrà niente di buono. fatto catturare Babbo Nachele, Jack lo sostituisce, elargendo quelli che per lui sono deliziosi mostriciattoli, ma che atterriscono i bambini e provocano addirittura l'abbattimento a cannonate della slitta. Pentito e deluso, torna per liberare Babbo Nachele, cui si è aggiunta Sally, accorsa invana a liberarlo dalle grinfie dell'orrendo Bau Bau che viene sconfitto da jack in epica tenzone. Grato, Babbo Nachele regala al grigio paesaggio di Halloween la bianca magia della neve, mentre jack si accorge finalmente dell'amore di Sally.
Nightmare Before Christmas" nasce da un’idea di Tim Burton, che decide di produrlo ma non di dirigerlo. La regia è di Henry Selick. Questo film d’animazione nasce da una poesia scritta da Burton nei primi anni ’80, all'epoca in cui lavorava come animatore alla Disney.
La creazione dei personaggi ha richiesto molto lavoro: basti pensare che, per il modellino di Jack Skellington, sono state fabbricate 400 teste intercambiabili, ognuna con una diversa espressione facciale. Il modellino del personaggio di Sally, invece, vanta 10 tipi di facce intercambiabili, ognuna con 11 diverse espressioni della bocca.