Berlin Alexanderplatz

Titolo originale: Berlin Alexanderplatz
Regia: Rainer Werner Fassbinder
Soggetto: Alfred Döblin
Sceneggiatura: Rainer Werner Fassbinder (con la collaborazione di Harry Baer)
Fotografia: Xaver Schwarzenberger
Montaggio: Juliane Lorenz
Musiche: Peer Raben
Scenografia: Helmut Gassner e Werner Achmann
Costumi: Barbara Baum
Interpreti e personaggi: Günter Lamprecht (Franz Biberkopf), Barbara Sukowan (Emilie "Mieze" Karsunke), Gottfried John (Reinhold Hoffmann), Hanna Schygulla (Eva), Elisabeth Trissenaar (Lina), Karin Baal (Minna). Franz Buchrieser (Meck), Hark Bohm (Otto Luders), Roger Fritz (Herbert), Brigitte Mira (Frau Bast), Barbara Valentin (Ida), Ivan Desny (Pums), Annemarie Düringer (Cilly), Irm Hermann (Trude), Fritz Schediwy (Willy), Traute Hoess (Emmi), Volker Spengler (Bruno), Günther Kaufmann (Theo), Peter Kollek (Nachum), Vitus Zeplichal (Rudi), Claus Holm (Wirt), Hans Michael Rehberg (commissario), Lilo Pempeit (signora Pums), Elma Karlowa (signora Greiner), Rainer Werner Fassbinder (narratore, sé stesso)
Produzione: Germania, Italia 1980
Durata: 894 min

 

«La mia stessa vita, sicuramente non nella sua totalità ma in un certo, gran numero di cose, forse più decisive di quanto oggi possa ritenerle, si sarebbe svolta in un altro modo - sorridete, se vi va - senza Berlin Alexanderplatz nella testa, nella carne, nell'intiero corpo e nell'anima». Così Fassbinder nell'introduzione alla sceneggiatura del gigantesco feuilleton televisivo (13 puntate e un epilogo per un totale di 15 ore e mezzo). Il testo è estremamente interessante e suggestivo nella descrizione del romanzo (1929) di Alfred Dublin, esponente della cosidetta «Nuova Oggettività», da cui il serial è tratto. Il regista stesso racconta la trama con queste parole:

L'ex-scaricatore Franz Biberkopf esce dalla prigione dove ha scontato quattro anni per aver ammazzato a botte la sua vecchia amica Ida che, a Berlino, faceva la vita per lui negli anni Venti a causa delle loro difficoltà economiche. (Più tardi)... riesce ad avviare una relazione con la polacca Lina, in modo tale che lei potrebbe prenderla per amore. Lina costringe Franz a giurare che, d'ora in poi, resterà onesto, cosi vero che... va beh. 

La situazione economica è disastrosa, ogni tentativo di creare un fondamento stabile fallisce, i fermacravatte, la letteratura erotica, il Volkische Beobachter (giornale di destra n.d.a.) che gli causa difficoltà coi suoi vecchi amici comunisti, con i quali aveva fatto una volta causa comune perché gli voleva bene. (Dopo esser stato tradito da uno zio di Lina) ...Franz, che crede imperturbabilmente che gli uomini siano buoni, è talmente ferito che si ritira dal mondo, non fa altro che ubriacarsi per settimane. Ma ritorna infine verso la vita e verso gli uomini. Fa allora la conoscenza di un tipo, si chiama Reinhold, in effetti è un piccolo gangster ma in qualche modo piuttosto affascinante. Così affascinante che Franz conclude con lui uno strano affare: riprende le donne di questo Reinhold perché costui se ne stanca troppo presto...

Per caso Franz partecipa a un'impresa che sembra un regolare trasporto di frutta ma che scopre all'improvviso essere una rapina. Fa il palo, vuole scappare, non ci riesce ... Reinhold getta Franz fuori dall'auto... Ma Franz Biberkopf non è morto, perde soltanto il braccio destro. La sua vecchia amica Eva, e il suo protettore, lo risistemano... Eva gli porta una ragazza che si chiama Mieze... e per un po' i due sono felici. Si amano. Ma Reinhold si immischia anche in questa relazione, incontra spesso Mieze fino a che, da ultimo, la uccide. Franz è arrestato per il delitto, entra in manicomio dove diviene durante un "processo inverso di catarsi", un membro della società ordinario e utilizzabile. Diventerà certamente nazionalsocialista, tanto l'ha distrutto l'incontro con Reinhold. Ecco la storia.

Da sempre attratto dall'idea di una trasposizione cinematografica del romanzo, Fassbinder fu quasi coinvolto a forza nel progetto del serial televisivo perché la regia, se non l'avesse accettata lui, sarebbe stata data ad un altro. La lavorazione durò sei mesi, con uno sforzo produttivo intensissimo sia per qualità che per quantità. Il risultato è un racconto lineare, contrappuntato qua e là in maniera contenuta da quegli interventi esterni (presenza di un narratore, didascalie ...) che invece contraddistinguono il romanzo. Ancora una volta, il cinema di Fassbinder rivela di possedere intrinsecamente la giusta misura tra distanza e identificazione. Ma è pur vero che non si tratta di cinema. Anche se girato a 16 mm., Berlin Alexanderplatz è un lavoro televisivo, pensato coi tempi e i modi dello sceneggiato. Appare chiaro che la volontà del regista era di richiamare in certo modo la funzione del romanzo: sottoporre all'attenzione del lettore/spettatore la storia di «queste creature obiettivamente povere e insignificanti» perché, attraverso di loro, ciascuno fosse costretto a «rientrare verso l'analisi della propria realtà».

La torrenzialità del romanzo è parallela al flusso di impulsi ricevuti da una trasmissione televisiva. Ma, a differenza di un qualsiasi serial (che tende a disperdere il suo senso in mille rivoli secondari o a reiterare costantemente lo stesso schema di fruizione) l'intento di Fassbinder era di condurre il suo pubblico a una concentrazione simile a quella dell'abitante della metropoli «laddove vivere significa prestare costantemente attenzione ai toni, alle immagini, ai movimenti. E così mutano i mezzi della tecnica narrativa adottata come può mutare l'interesse di un abitante attento di una grande città senza che questi, come il racconto stesso, perdano il loro punto focale».

E' purtroppo impossibile dilungarsi (almeno in maniera proporzionale alla durata del film) su questo devastante capolavoro. Mi limiterò di conseguenza ad indicare alcuni motivi principali di interesse:
- il rapporto col romanzo: bisognerebbe leggere l'autoconfessione di cui sono riportati due brani per rendersi conto del maniacale rapporto istituito da Fassbinder con l'opera di Döblin. Obiettivamente, bisogna riconoscere che il romanzo anticipa un tema e un atteggiamento fondamentale della poetica fassbinderiana. Il tema: il rapporto tra due uomini mediato dall'affetto/possesso di una donna, quello che Fassbinder definisce «amore puro» tra Franz e Reinhold, la primitiva forza irrazionale, inspiegabile che porta l'individuo a essere vittima della società. ....
- il personaggio di Franz Biberkopf: il sottotitolo dell'epilogo è «Il mio sogno del sogno di Franz Biberkopf». E, come spesso il regista ha ripetuto, «Franz Biberkopf sono io». In Biberkopf, Fassbinder trasfigura se stesso come uono e come autore; la distanza mantenuta nelle prime 13 puntate si annulla nel delirante epilogo, in cui l'allucinazione del personaggio si sovrappone all'ossessione del regista, in un'esplosione di simboli psicanalitici e di riferimenti storici da cui autore e spettatore escono letteralmente esausti. Alla Sacra Famiglia si sovrappone il motivo di Edipo e a questo rapporto mai risolto di Fassbinber (e Döblin) con il padre. Lo scrittore ha fornito Biberkopf di una mitologia di cui il regista si è miracolosamente appropriato dandole nuova vita.
- il significato della Storia: dopo Il matrimonio di Maria Braun, Berlin Alexanderplatz è il secondo, monumentale capitolo della ricognizione del passato che Fassbinder compie. Dopo aver messo a nudo, nella sua prima trentina di film, le radici della natura umana e le sue manifestazioni sociali nella civiltà contemporanea, il regista è andato a cercare l'evoluzione storica della Germania degli anni Venta-Trenta e del secondo dopoguerra. Ma non si tratta certo di un approccio scientifico: la sua è una sorta di discesa agli inferi, un viaggio mitico nel ventre della storia per scoprire il cordone ombelicale che lega il presente al passato.

[Davide Ferrario - Il Castoro cinema]